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Fedez e Mr. Marra tornano con una nuova puntata di Pulp Podcast, online da oggi alle 14:00, dedicata a uno dei misteri più complessi della cronaca italiana: il caso di Unabomber. Ospite  è il giornalista Pino Rinaldi, che ripercorre le tappe di questa vicenda e condivide le sue riflessioni maturate anche durante la realizzazione di un documentario. Il lavoro di Rinaldi mette a confronto le storie di una vittima dell’Unabomber americano e di una di quello italiano, offrendo uno sguardo inedito su due casi che hanno seminato paura a livello internazionale.
 
Nella puntata, Pino Rinaldi traccia un parallelo tra il terrorista americano Theodore Kaczynski e il misterioso attentatore italiano. “Se dovessi metterli uno accanto all’altro non ho difficoltà a dirvi che quello più crudele è proprio quello nostrano”, sottolinea Rinaldi. 
Theodore Kaczynski è la mente dietro agli attentati che hanno terrorizzato gli Stati Uniti. Genio precoce, Kaczynski negli anni ‘50 fu sottoposto dalla CIA a esperimenti estremi. “Gli esperimenti che facevano in quegli anni la CIA e il KGB erano inimmaginabili… lavoravano sulla potenzialità della mente umana“, racconta Rinaldi, collegando questa esperienza alla ribellione di Kaczynski contro la tecnologia che lo porterà a inviare bombe artigianali per manifestare la sua ideologia, colpendo realtà come aziende tecnologiche, professori universitari, ricercatori e compagnie aeree. Il nome “Unabomber” , infatti, deriva da un codice utilizzato dall’FBI: UNABOM, che sta per “University and Airline Bomber”. Kaczynski verrà catturato nel 1996 grazie all’intuito di sua cognata.
 
Il giornalista racconta poi la storia del misterioso Unabomber italiano, gli attentati, i depistaggi, l’illusione di aver trovato il colpevole, i misteri dietro prove manomesse. Il primo attentato attribuito a Unabomber risale al 21 agosto 1994, quando un tubo bomba esplose durante una sagra, ferendo alcune persone. Da quel momento, una serie di ordigni nascosti in oggetti insospettabili – evidenziatori, scatole di tonno, bolle di sapone e inginocchiatoi in chiesa – ha terrorizzato il nord-est italiano per oltre un decennio. Un attentato in una chiesa nel 2000 segna una svolta nelle indagini: l’ordigno, posizionato su un inginocchiatoio, non esplode, permettendo agli investigatori di analizzarlo. Ma la caccia a Unabomber si trasforma in un giallo fatto di errori, depistaggi e accuse. Nel 2006, l’ingegnere Elvo Zornitta viene accusato di essere Unabomber. Le prove sembrano schiaccianti: le sue forbici sarebbero compatibili con un componente della bomba analizzata. Ma le indagini si rivelano piene di falle. Un perito viene condannato per manomissione di reperti e, mentre Zornitta è sotto sorveglianza, avvengono altri attentati. Nel 2009, la sua posizione viene archiviata, ma l’ombra del sospetto non solo ha ormai distrutto la sua vita, ma per alcuni resta a causa di tutti gli errori commessi durante le indagini. Rinaldi sottolinea: “La montagna ha partorito un topolino. Dopo anni di indagini e processi, non si è catturato Unabomber, ma si è condannato un poliziotto.” Rinaldi analizza annuncia però che il caso è stato recentemente riaperto dalla Procura di Trieste grazie a nuove analisi genetiche e spera che questo possa far luce una volta per tutte su questo mistero.
 
La puntata si conclude con una riflessione sulla responsabilità dei media. Fedez osserva: “Lo scopo è quello di creare uno scoop, non importa quanto sia vero. Oggi si ferma tutto al titolo, che a volte nemmeno corrisponde al contenuto”. Un monito che lascia spazio a una critica più ampia sulla contemporaneità dell’informazione e sul ruolo della stampa. 
 
Questa quarta puntata di Pulp Podcast si prospetta come un viaggio tra cronaca, indagini e misteri, un racconto che tiene alta l’attenzione su uno dei cold case più controversi del nostro paese. 

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